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La cupiditas, il lupo universale che ci divora.

Aggiornamento: 6 ago

Il filosofo Vito Mancuso, nel suo libro Non ti manchi mai la gioia, riflette su alcune trappole in cui versa la condizione umana. Ne passa in rassegna diverse: democrazia formale contro democrazia sostanziale, economia contro ecologia, identità contro accoglienza, tecnologia contro coscienza, sicurezza contro pace.  Un’altra delle trappole indagate dall’autore è “La trappola dell’Io”, e su questa mi soffermo.


Mancuso mette in relazione l’Io alla cupiditas – il desiderio sfrenato di affermare il proprio io a scapito di ogni altro –; essa non si limita a consumare ciò che ci circonda, ma divora anche chi la incarna. A tal proposito, cita l’opera di Shakespeare Troilo e Cressida (atto I, scena 3), che risuona come un presagio inquietante: "… il desiderio, lupo universale, … farà dell’intero universo la sua preda per poi, alla fine, divorare se stesso". Una profezia che oggi appare quanto mai attuale.


Interpreta queste parole come un monito contro la degenerazione dell’Io, una cupiditas insaziabile che ci conduce verso un destino di lacerazione sociale. Viviamo in un’epoca in cui ciascuno si considera il centro del mondo e, cosa ancor più grave, educa i propri figli a fare altrettanto. Li cresciamo come piccoli tiranni, incapaci di accettare il limite, il confronto, l’obbedienza o un rifiuto.


Come me, tanti ricorderanno che un tempo i genitori erano alleati degli insegnanti, sostenendoli nel loro compito di educatori. La disciplina non era vista come oppressione, ma come una via necessaria per formare il carattere e il rispetto per l’altro. Oggi, invece, nella maggior parte dei conflitti tra figli e docenti, i genitori si schierano senza esitazione dalla parte dei figli, anche quando questi ultimi hanno torto. È un riflesso di quell’immaturo egoismo che Mancuso descrive come una perdita collettiva della capacità di educare al rispetto dell’autorità, e quindi alla convivenza.


Questo atteggiamento ha conseguenze profonde. Proprio come il lupo descritto dagli antichi, che non fa distinzione tra prede e cuccioli, l’avidità moderna sacrifica persino i figli sull’altare del compiacimento immediato, privandoli di quella formazione morale necessaria a costruire una società equilibrata.


Stiamo trasformando il mondo in un campo di battaglia: un bellum omnium contra omnes, un conflitto di tutti contro tutti. È il risultato di un egoismo che non riconosce più limiti, che si trasforma in superbia e disprezza l’armonia. Questa deriva ci interroga: cosa possiamo fare per invertire la rotta?


Forse il primo passo è un esercizio di umiltà e rispetto. Educare al limite significa preparare i nostri figli a riconoscere l’altro non come un ostacolo né come antagonista, ma come una risorsa. Significa allenare i figli ad un “sano desiderare” qualcosa senza sommergerli di regali inutili. Significa anche abituarli a qualche “no”. Significa costruire un futuro in cui il desiderio non si divori, ma si trasformi in un desiderio di giustizia, armonia e comunità.

La cupiditas è il lupo che ci minaccia, ma è anche la prova del nostro smarrimento. Starà a noi, ognuno nel suo ruolo di genitori, educatori, imprenditori, professionisti e cittadini, scegliere se continuare a nutrirla o trovare il coraggio di addomesticarla.

 
 
 

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